Latitanza

mercoledì 18 aprile 2007

L'unico modo di fatto è quello di ammettere di aver preso un abbaglio.
Il mio è stato senza dubbio un errore di valutazione... e pure io avrei dovuto vedere , in fondo è il mio mestiere... scorgere gli atteggiamenti latenti... gli individui non sono quello che dicono di essere, cazzo! è roba da primo anno!

Ecco che vuol dire adagiarsi sulla comodità di un approccio privo di sospetto, sicuro (apparentemente) e privo di senso critico.

Ecco..

Intanto mi vedo come un personaggio di certi film francesi, dove nulla accade, dove la tragedia sembra essere sempre imminente...
dove la vita passa sopra la tragica normalità del susseguirsi degli eventi guarniti con dialoghi tra personaggi incapaci di comunicare.

Incapaci di comunicare.

Per strada mi ritrovo a recitare immaginari dialoghi, sto peggiorando. Che fare se la realtà si confondesse?
Potrei ritrovarmi a dire quello che penso sul serio. Vulnerabilità che mi spaventa oltremodo.

- vedo che sei particolarmente attento alle cose che dico
- aspetto che tu dica qualcosa che mi deluda, ma temo che non accadrà

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immagine di uno stato d'animo 2.0

venerdì 6 aprile 2007

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Incipit

giovedì 5 aprile 2007

- la mia vita sentimentale è un disastro

So che i più a questa affermazione stanno già sbuffando. In realtà sembra una di quelle frasi vuote che si sentono nei film di cassetta. Quelle affermazioni che non ti sogneresti mai di dire ne di pensare. Riflettevo qualche tempo fa su quanto estemporanei e totalmente svincolati dalla realtà siano certi dialoghi nei romanzi o nei film. Facendo zapping mi sono soffermato su “quando arrivano le ragazze” di Avati. Per chi non lo ha visto si tratta di un triangolo amoroso dove due uomini, uno fico e uno tendenzialmente sfigato, amano la stessa donna, e alla fine uno dei due la prende in saccoccia. Comunque sia, il dialogo era tra lui e lei. Oggetto del contendere un invito ad un concerto dell’altro. Faceva più o meno così:

Lui: che vogliamo fare con quest’invito?
Lei: e che vuoi fare? Ti dico io che facciamo (getta via l’invito)
Lui: perché non vuoi andare?
Lei: tu perché ci vuoi andare?
Lui: Bhè… mi sembra importante
Lei: Non mi sembra il caso
Lui: Tu hai paura
Lei: Cosa?
Lui: tu hai paura di vederlo perché ancora ci pensi
Lei: ma tu sei fuori!
Lui: scusami…
(vanno al concerto)

Bhè… nella vita vera, quella vissuta, nella mia vita almeno le cose sarebbero andate così:

Lui: perché non vuoi andare?
Lei: tu perché ci vuoi andare?
Lui: cazzo vuol dire? L’ho chiesto a te… comunque mi sembra importante
Lei: Non mi va di andare
Lui: e sei una troia
Lei: come?
Lui: lo sai benissimo, è inutile dirlo… pensi ancora a quello stronzo, ergo…
Lei: ma vaffanculo!
Lui: ma vaffanculo tu!
(segue scenata, forse scopata… e poi vanno al concerto)

Diciamo che questo è vero solo nelle intenzioni, perché quando poi conta davvero solo in pochi con se stessi riescono ad esser fedeli, sinceri ed onesti fino in fondo… è inutile citare la fonte come quasi inutile è riportare il dialogo, ma il mio è solo un misto di invidia, ammirazione e rispetto:

Lei: Che hai?
Lui: …
Lei: Dai…
Lui: è che sei una troia e io un coglione che non ti ho ancora scopata!
Lei: …

Tuttavia, tornando alla frase di prima “la mia vita sentimentale…”, mi sono accorto che di fatto è un frase che a me non verrebbe mai di dire, neanche a me stesso. Non che non ce ne siano le ragioni, anzi… si sta perpetrando un tale catastrofe o ecatombe dalla quale non riesco proprio a venirne fuori, essendo totalmente incapace di prendere decisioni tali da controllare anche solo in parte gli eventi. Comunque sia, vorrei sapere chi si guarda allo specchi e sospirando dice: “la mia vita sentimentale è un disastro”. Io di solito mi guardo allo specchio, serio, deciso, dritto negli occhi…. e mi mando a ‘fanculo!

Ho notato comunque che ad ogni liberatoria imprecazione corrisponde sempre un nuovo inizio dettato da una voglia di reagire, di riscatto, di vendetta.

Saluti, Emme.

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